Mass age, message, mess age
performance
HD video, color, sound, 2’48”
2015
‘Who wants to make the revolution as profession?’ Is sarcastically asking Bruno Giorgini, professor of theoretical physic and ex-activist of Italian organization Lotta Continua, during the workshop realized at Barriera space in preparation for the exhibition. ‘Revolution is a constant way of being’, is answering back Cesare Alvazzi del Frate, ex-partisan, as well part of the workshop.
Mass age, message, mess age project is part of a research that embraces complex matters – the communication in time of revolution, its techniques and strategies and in particular the possibility of making mistakes while passing on a message – able to answer the need to identify dynamics and, stepping back, the guidelines that draw the act of making a revolution, in order to understand the fundamental elements to apply to all life sphere.
By developing a workshop that involved a group of young students from Turin Universities and then an exhibition thought as a performance inspired to ‘Chiese whispers’ game, Elena Mazzi used Barriera space as a lab, a place of active debate, with the aim to create a possible ‘vocabulary of the revolution’. (text by Ones office project)
‘Chi vuole fare di professione la rivoluzione?’ chiede sarcarsticamente Bruno Giorgini, docente di fisica teorica ed ex militante di Lotta Continua, durante il workshop realizzato allo spazio Barriera in previsione della mostra. ‘Rivoluzione è un continuo modo d’essere’, ribatte Cesare Alvazzi del Frate, ex partigiano, anch’egli ospite del workshop.
Mass age, message, mess age è un progetto che abbraccia tematiche complesse – la comunicazione in tempo di rivoluzione, le sue tecniche e strategie e in particolare la possibilità di errore durante la trasmissione di un messaggio -, ma che rispondono all’esigenza di individuare le dinamiche e, facendo un passo indietro, le linee guida che sottendono al fare rivoluzione, per comprenderne gli elementi fondamentali da applicare a tutti gli ambiti della vita.
Realizzando un workshop che ha coinvolto un gruppo di giovani studenti dell’Università di Torino e successivamente la mostra, pensata come una performance ispirata al gioco del telefono senza fili, Elena Mazzi ha trattato lo spazio di Barriera come un laboratorio, un luogo di dibattito attivo, con l’obiettivo di creare un vero e proprio “vocabolario della rivoluzione”. (testo di Ones office project)